Ionorisonanza Ciclotronica nella mielodepressione indotta dalla chemioterapia su pazienti oncologici
TRATTO DAL 3° CONVEGNO NAZIONALE SIBE, SOCIETÀ ITALIANA BIOFISICA ELETTRODINAMICA, 2010
dr. Edoardo Rossi
Divisione di Ematologia
AOU “S. Martino” – Genova
Introduzione
La chemioterapia e la radioterapia hanno apportato considerevoli vantaggi in termini di sopravvivenza e potenzialità di guarigione in pazienti affetti da linfoma di Hodgkin.
Il rovescio della medaglia è rappresentato dai danni a breve e lungo termine ad esse conseguenti,
che rappresentano un limite del trattamento in termini di qualità di vita e, per alcune complicazioni, in termini di sopravvivenza.
Da uno studio tedesco risulta che su 1261 pazienti oncologici trattati per linfoma di Hodgkin, con un follow-up di oltre 20 anni, l’incidenza di mortalità per cause non correlabili alla patologia erano 6,8 volte superiori rispetto a quelle della popolazione generale.
Tali cause erano rappresentate in prevalenza da secondi tumori e da patologie cardiovascolari.
La ricerca clinica è rivolta a migliorare le potenzialità terapeutiche con farmaci sempre più efficaci ed “intelligenti” e ridurre la tossicità,
possibilmente con prodotti naturali e/o fisici che non appesantiscano ulteriormente il cocktail di farmaci a cui il paziente è sottoposto, utilizzando a tal scopo i presidi della Medicina Integrativa.
Sulla base di tali presupposti numerosi sforzi sono stati fatti, negli ultimi anni, per utilizzare terapie di supporto alla chemioterapia in grado di ridurne gli effetti collaterali senza comprometterne l’efficacia.
Stress Ossidativo e chemioterapia nei pazienti oncologici
Parte della tossicità conseguente al trattamento chemio-radioterapico è correlata alla formazione di radicali liberi e quindi allo “stress ossidativo” indotto dal trattamento.
Si intende per stress ossidativo la condizione in cui i livelli di “specie reattive di ossigeno” (ROS= Reactive Oxygen Species) prodotte eccedono la capacità del sistema antiossidante di rimuoverle.
Ne consegue un accumulo di ossidanti nelle cellule e nei tessuti.
I ROS, oltre ad indurre un danno cellulare diretto, che può provocare una necrosi cellulare o un’apoptosi, in relazione alla natura dei ROS e del microambiente in cui essi agiscono, provocano anche un danno indiretto.
Essi infatti attraverso l’attivazione dei fattori di trascrizione quali l’NFkB e l’AP1, inducono
- la produzione di citochine proinfiammatorie
- il reclutamento di fagociti attivati (attraverso la produzione di molecole di adesione e di interleuchine chemiotattiche da parte dei fattori di trascrizione attivati sopra menzionati)
con la conseguente ulteriore generazione di ROS in una sorta di circolo vizioso.
Le citochine proinfiammatorie contribuiscono al danno cellulare e d’organo.
A dimostrazione di questi dati biologici vi è la constatazione clinica dell’efficacia di una serie di farmaci, con attività anti-ossidante, nel ridurre i danni prodotti dal trattamento chemioterapico.
Cito come esempio l’amifosfina, il dexraroaxane e la trimetazidina utilizzati nella prevenzione della cardiotossicità da antraciclinici o da alchilanti.
È importante ricordare che gli effetti tossici mutageni della chemioterapia sono anch’essi conseguenti ai ROS.
Tali sostanze peggiorano la mutagenesi intrinseca delle cellule neoplastiche e danneggiano in modo significativo il DNA delle cellule normali.
In altre parole l’esposizione continuativa del DNA cellulare ai ROS provoca un accumulo di mutazioni e promuove la trasformazione oncologica.
Ne deriva che un decremento dei livelli intracellulari di ROS è stato a lungo considerato il goal per la prevenzione del cancro.
In conclusione la chemioterapia provoca l’esposizione del DNA cellulare ad alti livelli di ROS, da cui deriva l’elevato rischio di mutazioni e l’incidenza di “secondi tumori” ad essa correlati.
Vi è, pertanto, un duplice aspetto protettivo nella riduzione dello stress ossidativo:
- Prevenire le mutazioni del DNA che, a lungo termine, portano alla degenerazione neoplastica delle cellule sane;
- Prevenire le mutazioni e la resistenza delle cellule neoplastiche.
Ad ulteriore conferma del benefico effetto dell’attività anti-ossidante nei pazienti oncologici sottoposti a chemioterapia vengono le due successive considerazioni:
- lo stress ossidativo interferisce negativamente sull’attività della chemioterapia inibendo l’apoptosi cellulare indotta dai chemioterapici e la fagocitosi delle cellule neoplastiche danneggiate ad opera dei macrofagi;
- i ROS hanno un effetto protettivo sulle cellule neoplastiche.
A tale supporto si è osservato che i pazienti affetti da neoplasia hanno livelli più elevati di stress ossidativo generalizzato e di ossidazione entro il tessuto neoplastico, in confronto ai tessuti normali.
Ne consegue che le procedure rivolte alla riduzione dello stress ossidativo non solo sono in grado di produrre una protezione dei danni della chemioterapia,
ma anche di migliorarne l’effetto anti-neoplastico.
Esperienze sull’efficacia degli antiossidanti naturali nel ridurre gli effetti collaterali e potenziare l’attività della chemioterapia nei pazienti oncologici
Da una serie di esperienze clinico-laboratoristiche, recentemente revisionate da K. N. Prasad, emerge un ruolo degli antiossidanti assunti con la dieta
nel potenziamento dell’efficacia della chemioterapia e nel contenimento dei suoi effetti tossici.
Gli antiossidanti naturali:
- proteggono il DNA delle cellule sane dal danno della chemio-radioterapia (riduzione degli effetti avversi);
- favoriscono l’apoptosi e la differenziazione cellulare e inibiscono la crescita neoplastica (potenziamento dell’effetto antineoplastico).
Il loro meccanismo d’azione è particolarmente rapido in quanto induce modificazioni dell’espressione genica cellulare.
Studi di genetica transazionale hanno rilevato una modificazione dell’assetto genico cellulare dopo soli 30 minuti dall’applicazione di antiossidanti naturali.
Un’elegante evidenza clinica della loro efficacia nella tollerabilità alla chemioterapia è riportata in uno studio di Kennedy et al.
Tali studiosi hanno effettuato tale osservazione su 103 bambini affetti da leucemia linfoblastica acuta sottoposti ad uno schema polichemioterapico uniforme.
Hanno misurato la concentrazione di vitamina A, E, di carotenoidi e di flavonoidi, nonché la “Capacità di Assorbimento dei ROS” (ORAC), nel siero dei pazienti.
Tali parametri sono risultati direttamente correlati a:
- una minore necessità di aumentare i dosaggi della chemioterapia,
- una minor incidenza di infezioni,
- un miglioramento della qualità di vita,
- una minor incidenza di ritardi nei programmi stabiliti dal protocollo chemioterapico,
- una riduzione dei giorni trascorsi in ospedale per complicazioni indotte dal trattamento.
Negli stessi pazienti oncologici è stata eseguita la determinazione dell’8-oxo-dG nelle cellule mononucleate, un parametro che consente di valutare lo stato di ossidazione cellulare.
Lo studio dimostra che l’8-oxo-dG è inversamente correlato ai benefici precedentemente elencati.
In conclusione i bambini con uno stato nutrizionale più ricco in antiossidanti naturali hanno avuto una migliore tollerabilità alla chemioterapia.
I presidi terapeutici volti ad un potenziamento delle capacità di antiossidazione da parte dell’organismo, attraverso il sistema endogeno del glutatione,
hanno anch’essi dimostrato di ridurre la tossicità indotta dalla chemioterapia e dalla radioterapia e di potenziarne l’efficacia terapeutica.
Simone et al. hanno esaminato, in una metanalisi, studi in vitro ed in vivo su pazienti oncologici trattati con terapie antineoplastiche in associazione a terapia di supporto anti-ossidante.
Le conclusioni dello studio rilevano che non solo non vi è alcuna interferenza della terapia di supporto sull’efficacia della chemioterapia, ma anzi come questa sia in grado di produrre un vantaggio in termini di sopravvivenza.
ELF EMF e stress ossidativo
Gli ELF EMF – campi magnetici a bassa frequenza e bassa intensità – inducono nell’organismo una Ionorisonanza Ciclotronica endogena.
I benefici potenziali degli ELF EMFs sono stati a lungo supposti e l’effetto protettivo sulla vitalità cellulare è stato ormai stabilito.
Il prof. Rossi e coll. dell’Università di Perugia ha prodotto i primi dati clinici relativi all’attività antiossidante degli ELF EMF
sulla base di una sperimentazione condotta su atleti volontari sottoposti a sedute con ELF EMF per quattro settimane.
Nel corso del trattamento i soggetti sono stati sottoposti ad una serie di indagini laboratoristiche, tra cui la determinazione dello stress ossidativo, eseguita con la tecnica della malonil dialdeide.
Nella totalità dei soggetti si assisteva, nel corso delle sedute, ad un significativo abbattimento dello stress ossidativo.
ELF EMF come terapia di supporto per i pazienti affetti da linfoma di Hodgkin
L’endpoint primario dello studio è stato quello di valutare l’effetto protettivo degli ELF EMF sulla tossicità ematologica in pazienti oncologici affetti da linfoma di Hodgkin sottoposti al protocollo polichemioterapico ABVD
(Adriblastina, Bleomicina, Vinblastina e Deticene).
Sono stati arruolati due gruppi di pazienti:
il gruppo 1 ha effettuato due sedute di ELF EMF settimanali durante il trattamento chemioterapico e il gruppo 2 solamente alla chemioterapia.
Entrambi i gruppi erano omogenei per sesso e stadio di malattia. L’età media è maggiore nei pazienti del gruppo 1 (40 verso 27).
L’età più avanzata ha un impatto negativo sulla mielotossicità conseguente alla chemioterapia.
Per misurare la tossicità ematologica abbiamo valutato il quantitativo totale di G-CSF somministrato ai pazienti nei primi quattro cicli di chemioterapia per consentire la normale somministrazione dei chemioterapici.
Abbiamo arruolato i due gruppi durante lo stesso periodo di tempo e la scelta dell’inserimento nel gruppo 1 o 2 è stata subordinata alla disponibilità dei pazienti di essere sottoposti al trattamento con ELF EMF.
Il Comitato Etico locale ha approvato lo studio. Dall’agosto 2003 abbiamo arruolato 9 pazienti in ogni gruppo.
I pazienti del gruppo 1 prima dell’inizio della chemioterapia sono stati sottoposti ad un test eseguito con un’apparecchiatura elettromedicale in grado di emettere ELF EMF pulsati.
La procedura è di semplice attuabilità in quanto il paziente vestito si corica su una stuoia e viene collegato ad un impedenzimetro che esamina le variazioni di resistenza conseguenti alla esposizione di ELF EMFs emessi dall’apparecchiatura.
Tali dati vengono registrati
e le onde che provocano un maggior movimento ionico (miglior risposta in termini di Ionorisonanza endogena) vengono
- scelte in automatico dall’apparecchiatura medicale utilizzando il programma “Rigenerazione”
- registrate su scheda per essere utilizzate nel corso delle sedute successive.
Le sedute di ELF EMF sono state di 27 minuti due volte la settimana e ogni 14 giorni hanno preceduto la somministrazione della chemioterapia ABVD.
Abbiamo valutato la dose di G-CSF da somministrare al paziente settimanalmente, sulla base del numero di leucociti.
Il numero dei globuli bianchi doveva essere tale da consentire una normale somministrazione della dose piena della chemioterapia.
La dose media di G-CSF somministrata ai pazienti oncologici del gruppo 1 durante i primi quattro cicli di chemioterapia è stata di 1200 mcg (range: 900-3900 mcg)
mentre è stato di 5100 mcg (range 1200-7500 mcg) nei pazienti del gruppo 2.
La differenza è statisticamente significativa (p=0,0002).
Il riscontro economico è anch’esso rilevante.
Il costo complessivo dei fattori di crescita mieloide per i primi 9 pazienti non sottoposti alla terapia di supporto è stato di € 192.570,
mentre per i 9 pazienti trattati con supporto ELF EMF è stato di € 63.371, con un risparmio del 67% sul costo complessivo dei fattori di crescita mieloide.
In conclusione da questo studio, condotto su un piccolo numero di pazienti, si evince che la terapia di supporto con ELF EMF consente di ridurre la mielotossicità prodotta dalla chemioterapia.
Dal 2008 abbiamo trattato i pazienti affetti da linfoma di Hodgkin e sottoposti a chemioterapia ABVD, con un supporto combinato con ELF EMF in associazione alla somministrazione di integratori dietetici ricchi in antiossidanti naturali, per sinergizzare i due effetti protettivi.
Sei di questi pazienti hanno ormai un follow-up di due anni.
I risultati ottenuti in questo secondo studio confermano la mieloprotezione con la terapia di supporto e la migliore tollerabilità del trattamento chemioterapico.
Ritengo, anche in base alla fiorente letteratura sull’uso terapeutico degli ELF EMF, che tale tipo di trattamento debba essere considerato un presidio di MEDICINA INTEGRATIVA.
Proposta per la realizzazione di una struttura che utilizzando la Medicina Integrativa rappresenti un ponte fra il medico e il paziente
La dignità umana è un valore pregiato che non può essere incrinato dalla malattia.
Il paziente nell’era moderna vuole un rapporto attivo con il medico e vuole, in particolare, essere protagonista del suo processo di guarigione.
Tale concetto è definito come “salutogenesi” e viene sostenuto dalla medicina integrativa.
L’obiettivo fondamentale, per i pazienti oncologici, non sempre è quello di poter ottenere la guarigione, ma deve poter offrire al paziente la garanzia di vivere una “vita degna di essere vissuta”.
Possiamo offrire questa opportunità al paziente attraverso un’integrazione, nel processo di salutogenesi, tra medicina tradizionale e Medicina Integrativa.
La prima ha il compito di creare, attraverso la conoscenza delle basi biologiche della malattia, un percorso terapeutico atto a combatterla.
La seconda si concentra sulle esigenze più profonde dell’uomo malato e contribuisce ad offrire un miglioramento della qualità di vita nel corso del trattamento terapeutico.
Gli consente, inoltre, di essere partecipe attivamente al processo della propria cura.
Negli studi sulla qualità di vita condotti in Germania hanno osservato una dicotomia fra il paziente affetto da tumore che vive problemi esistenziali profondi,
e il punto di vista del medico che, obiettivamente, vede il paziente come un soggetto sottoposto a un protocollo randomizzato.
Il punto di vista del medico è concentrato sulla lotta al tumore e sulla quantità di vita che può offrire al paziente,
mentre non prende in considerazione la dimensione qualitativa della sofferenza del paziente.
Sulla base di queste considerazioni in Germania, più esattamente a Colonia, hanno costruito una casa dove potesse essere sviluppata l’oncologia integrativa:
Haus Lebenswert ovvero la “Casa della vita degna di essere vissuta”.
Lo scopo è quello di offrire ai pazienti oncologici il miglior trattamento possibile, sulla base delle più recenti acquisizioni in campo di biologia e clinica,
ma anche poter offrire la rinascita ad una nuova vita dopo il trattamento contro la malattia, oppure un “hospice” ove poter morire con dignità e in pace.
Lo scopo è quello di consentire ai pazienti con neoplasia di stare meglio, di sentirsi meglio e di vivere meglio durante e dopo la terapia neoplastica.
Ricordiamo che la lotta alla malattia non si conclude con la guarigione.
Infatti spesso il paziente vive il tunnel della malattia come un evento traumatico che si può ripercuotere nella sua sfera psicologica per il resto della vita.
Per queste ragioni nella Haus Lebenswert hanno impostato un programma di terapia integrativa, per consentire al paziente di svolgere un ruolo attivo nel percorso della salutogenesi e ottenere un superamento dell’evento traumatico.
Nella Casa tedesca sono seguiti gratuitamente i pazienti oncologici e i loro parenti, per informarli, educarli e supportarli durante la fase di terapia antineoplastica e, dopo la stessa, finché ne sentano la necessità.
Il trattamento con la terapia integrativa include fra gli altri programmi:
- psico-oncologia,
- arte-terapia con scultura e pittura,
- ginnastica,
- musico-terapia,
- esercizi vocali,
- Nordic walking,
- massaggi,
- danza-terapia,
- Tai-Qi,
- Qi-Gong,
- agopuntura
- naturopatia.
In un modello personale
io vedrei, fra gli altri supporti della medicina integrativa adottati nel modello tedesco, anche l’utilizzazione degli ELF EMF.
Questo sulla base delle esperienze personali, della fiorente letteratura scientifica sull’argomento e del contributo dei numerosi medici che hanno utilizzato gli ELF EMF a scopo terapeutico.
I presidi della Medicina Integrativa promuovono il benessere dei pazienti e la salutogenesi;
questo processo funziona meglio quando la scelta dei singoli potenziali contributi viene disegnata sul paziente, sulle sue esigenze e necessità contingenti e sulle sue scelte informate.
Nelle varie fasi del processo di salutogenesi il paziente può sentire l’esigenza del contributo di uno o più presidi della medicina integrativa.
Tali presidi sinergiscono fra di loro e in modo diverso contribuiscono al processo di benessere.
La necessità di una medicina integrativa nasce dal fatto che la Medicina Accademica e i moderni Istituti per la cura dei tumori sono visti come anonimi e non-umani, incapaci di considerare le necessità emotive del paziente.
La Medicina Integrativa rappresenterebbe un ponte ove il più freddo obiettivo del trattamento del tumore è mitigato dal rapporto empatico ed olistico con il paziente.
Questo progetto consentirebbe di creare un medico moderno che, come il dio italico Giano, possiede due volti:
uno orientato verso la conoscenza profonda e aggiornata delle acquisizioni nel campo della biologia e della terapia,
il secondo verso le più profonde necessità del paziente e in particolare alla richiesta di un rapporto empatico con il medico.
Conclusione
Lo stress ossidativo è un elemento negativo nei pazienti oncologici sottoposti a chemioterapia e pertanto è necessario ridurlo per:
- evitare gli effetti tossici del trattamento chemio-radioterapico,
- migliorare l’efficacia della chemioterapia,
- ridurre gli effetti mutageni indotti dal trattamento chemio-radioterapico, che sono alla base delle neoplasie indotte.
Lo studio da noi condotto dimostra come un trattamento con ELF EMF sia in grado di ridurre lo stress ossidativo e la mielotossicità della chemioterapia e come possa rientrare fra i presidi della Medicina Integrativa.
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